Violenza economica:
un passo storico per la libertà delle donne

6 marzo 2025
Contributo delle socie Isabella Ferretti, Silvia Nocerino e Grazia Prevete

Il 13 gennaio 2025 la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza di grande rilevanza nella lotta contro la violenza di genere. In questo caso, una donna ha subito per vent’anni una forma di abuso che andava ben oltre le consuete liti familiari. Il marito, infatti, ha controllato ogni aspetto della sua vita, impedendole di lavorare, di gestire il proprio denaro e, di fatto, di decidere per sé. Attraverso una serie di comportamenti vessatori – dalla sorveglianza costante con telecamere fino all’imposizione di restrizioni e divieti – ha creato un clima di oppressione e isolamento che ha annullato ogni possibilità di autonomia.

Questa sentenza non si limita a condannare un comportamento specifico, ma lancia un messaggio forte e chiaro: nessuna donna deve essere privata del diritto di scegliere la propria strada. È importante sottolineare come questa decisione si inserisca in un quadro normativo più ampio, in linea con le direttive europee che mirano a proteggere le vittime di ogni forma di violenza. Fonti sovranazionali – come la Convenzione del Consiglio d’Europa e le recenti direttive (ad esempio, la Direttiva 2024/1385) – sottolineano l’importanza di intervenire per prevenire e contrastare qualsiasi forma di violenza.

Questo episodio ci insegna che la violenza non si manifesta solo con segni fisici visibili, ma può assumere forme subdole e invisibili, come quella economica. La vittima, infatti, non solo si è trovata intrappolata in una relazione in cui ogni suo gesto era controllato, ma ha anche subito danni profondi che hanno compromesso la sua autostima e il suo futuro. La sentenza della Cassazione ribadisce l’importanza di riconoscere e condannare ogni forma di abuso, sottolineando che il controllo economico è altrettanto dannoso quanto la violenza fisica o psicologica.

In Italia, la disuguaglianza di genere si riflette ancora in molti aspetti della vita quotidiana. Troppo spesso, infatti, le donne si trovano in situazioni di dipendenza economica dal partner, con opportunità di lavoro limitate e una partecipazione ridotta nelle decisioni politiche e sociali. La disparità nelle retribuzioni, le difficoltà di accesso a strumenti finanziari autonomi e la tradizionale assegnazione di ruoli familiari continuano a rappresentare ostacoli concreti per chiunque voglia affermarsi in piena libertà.

Il riconoscimento giurisprudenziale della violenza economica come reato rappresenta un passo fondamentale per invertire questa tendenza. La decisione della Corte di Cassazione non si limita a condannare un comportamento specifico, ma lancia un messaggio forte: ogni donna ha il diritto di vivere libera da ogni forma di controllo, anche quando l’abuso si manifesta in maniera “invisibile”. È un invito a guardare oltre le apparenze e a riconoscere che il vero danno non si misura solo con i lividi, ma anche con la perdita di autonomia e dignità.

In parallelo a questa importante decisione, esistono iniziative volte a fornire alle donne gli strumenti necessari per costruire una vita indipendente. Progetti di educazione finanziaria e percorsi di formazione, promossi da enti istituzionali, mirano a trasformare la conoscenza in potere. Tra questi, spiccano il progetto "Conoscere per proteggersi", un vademecum realizzato dalla Commissione Pari Opportunità del Notariato, e il percorso di educazione finanziaria messo a disposizione dalla Banca d'Italia. Imparare a gestire il denaro e a comprendere i propri diritti è fondamentale per uscire da situazioni di controllo e per costruire un futuro in cui ogni donna possa sentirsi pienamente protagonista della propria vita.

Inoltre, il riconoscimento e la condanna della violenza economica si inseriscono in un contesto globale che guarda al futuro con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030. La parità di genere, uno dei 17 obiettivi globali, è fondamentale per garantire uno sviluppo equo e sostenibile. In Italia, attraverso le politiche del PNRR, si sta lavorando per raggiungere questo traguardo, ma quanto fatto finora risulta ancora insufficiente. È essenziale non fare passi indietro, soprattutto in un momento in cui le politiche attuali mettono a rischio gli impegni internazionali, come evidenziato dai recenti problemi legati agli 11 punti dell’Accordo di Parigi. 

Questa sentenza, dunque, si inserisce in un percorso più ampio di lotta per la parità di genere, che richiede impegno costante, una maggiore consapevolezza e una responsabilità sociale condivisa. Solo riconoscendo e contrastando ogni forma di violenza – anche quella che, pur non lasciando segni fisici, mina la libertà e l’autostima – potremo costruire una società più giusta e rispettosa dei diritti di tutte le persone.